Atletica leggera

L'Atletica Leggera: Cos'è e perché è utile per la salute mentale

L'atletica leggera è uno degli sport più antichi e universali, che comprende una serie di discipline che si basano principalmente sulle capacità fisiche di corsa, salto, lancio e marcia. Le gare di atletica leggera si svolgono su pista o su campi appositi, ma alcune discipline, come la maratona o la corsa campestre, si praticano anche su terreni naturali. Non per questo si devono escludere campi "speciali" come quelli delle carceri.

 Le principali specialità includono:

  1. Corsa: Dalle brevi distanze come i 100 metri, fino alle lunghe distanze come la maratona. Le misure variano di categoria in categoria, come anche i tempi di ammissione alle competizioni più importanti, come i campionati italiani.

  2. Salti: Salto in alto, salto in lungo, salto triplo, salto con l'asta. In Italia abbiamo alcune delle eccellenze del settore, come Gianmarco Tamberi e Larissa Iapichino.

  3. Lanci: Getto del peso, lancio del giavellotto, del disco e del martello.

  4. Marcia: Gara di resistenza che consiste nel camminare il più velocemente possibile senza mai perdere il contatto con il suolo. La tecnica prevede che almeno un piede sia sempre a terra e che la gamba avanzata sia tesa dal momento del contatto fino al passaggio sotto il corpo. Richiede resistenza, ritmo costante e grande controllo tecnico

  5. Decathlon/Eptathlon: Gli atleti competono in prove di corsa, salto e lancio, accumulando punti in base ai risultati ottenuti in ciascuna specialità. Queste gare premiano la versatilità, la resistenza e la completezza atletica.

L'atletica leggera è uno sport che valorizza l'individualità, ma anche l'impegno di gruppo, come nelle staffette, creando opportunità sia per competizioni individuali che per team.

Nell'atletica le staffette principali sono la 4x100, la 4x400, le staffette miste (con uomini e donne) e le staffette svedesi, che combinano frazioni di diversa lunghezza.


Alle Olimpiadi di Parigi 2024 gli atleti che hanno rappresentato l'Italia sono stati 

  1. Marcell Jacob
  2. Matteo Melluzzo

  3. Lorenzo Patta

  4. Filippo Tortu

Con un tempo di 37.50, classificandosi quarti.


Benefici per la salute mentale

L'atletica leggera, come molte altre attività fisiche, ha numerosi effetti positivi sulla salute mentale. Ecco perché è considerata uno sport particolarmente utile per il benessere psicologico:

  1. Riduzione dello stress: L'attività fisica stimola la produzione di endorfine, neurotrasmettitori che migliorano l'umore e riducono il dolore. Questo porta a una sensazione di euforia e benessere che contrasta efficacemente lo stress accumulato durante la giornata, soprattutto se passata in un ambiente ostile come il carcere.

  2. Miglioramento dell'autostima: Il raggiungimento di obiettivi, sia piccoli che grandi, nell'atletica leggera (come battere un record personale o completare una gara) aiuta a rafforzare l'autostima e la fiducia in sé stessi. Può essere uno stimolo utile ad un carcerato per riacquistare la voglia di mettersi in gioco e migliorare.

  3. Miglioramento della concentrazione e della disciplina: L'atletica leggera richiede concentrazione, impegno e disciplina, e queste caratteristiche sono spesso trasferibili ad altri aspetti della vita quotidiana. La pratica costante e il lavoro su obiettivi a lungo termine aiutano a sviluppare resilienza psicologica e capacità di affrontare le sfide con determinazione.

  4. Socializzazione e senso di appartenenza: Sebbene l'atletica leggera sia principalmente un'attività individuale, molte persone partecipano a gare o allenamenti di gruppo. Questi momenti di socializzazione offrono opportunità per costruire relazioni, ridurre il senso di solitudine e migliorare il supporto sociale, fondamentale per il benessere mentale. In un carcere questi momenti sono essenziali per la salute fisica dei detenuti.

  5. Gestione delle emozioni: Lo sport aiuta anche a gestire emozioni forti come la frustrazione e la paura, che possono emergere durante le competizioni. L'atletica, in particolare, è uno sport che richiede di affrontare i propri limiti e di imparare a perseverare, favorendo una crescita personale che migliora la gestione emotiva, che nel percorso personale di un detenuto può essere decisiva

L'atletica leggera non è solo uno sport che sviluppa il corpo, ma è anche un potente alleato per la mente, promuove equilibrio, resilienza e una mentalità positiva. La combinazione di attività fisica intensa, autovalutazione continua e supporto sociale la rende una pratica particolarmente benefica per chiunque desideri migliorare la propria salute mentale. Che sia un carcerato oppure no.

Iniziativa FIDAL e DAP-Fiamme Azzurre: i detenuti idonei a misure alternative diventano giudici di atletica leggera

Da detenuti a giudici di gara nei campi di atletica: questo è l'obiettivo del progetto "Torniamo in pista", promosso dalla FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera) e dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre. Il progetto mira a favorire il reinserimento dei detenuti attraverso lo sport e la socializzazione, offrendo loro la possibilità di essere formati come giudici di gara, in modo da responsabilizzarli e farli partecipare attivamente a manifestazioni atletiche.

La FIDAL, insieme al proprio Gruppo Giudici Gare, avvierà corsi di formazione per i detenuti idonei a misure alternative, con l'intento di prepararli a diventare giudici di atletica leggera. I partecipanti saranno coinvolti in eventi promozionali o agonistici a livello provinciale o regionale, creando momenti di aggregazione e stimolando il recupero dell'autostima e il miglioramento delle condizioni di salute fisiche e mentali dei detenuti.

Teoria e pratica
Il progetto, che prenderà avvio negli istituti penitenziari di Roma, Napoli e Torino, prevede due mesi di formazione. I detenuti parteciperanno a lezioni teoriche sulle funzioni dei giudici di gara (tre incontri di due ore) e a prove pratiche sul campo. Coloro che risulteranno idonei diventeranno giudici di gara ufficiali, con tesseramento GGG (Giudici Gare Giovani), e potranno essere convocati per l'intera stagione agonistica, che va da marzo a ottobre.

Questa iniziativa risponde alle linee guida dell'ordinamento penitenziario italiano, che incoraggia l'organizzazione di attività culturali, sportive e ricreative all'interno degli istituti, con l'intento di favorire la socializzazione, il divertimento e il confronto positivo tra i detenuti. Lo sport, anche in questo caso, diventa un'occasione per crescere, integrarsi e dare valore al proprio percorso di recupero.



THE RELAY

Mi chiamo Giacomo e da anni vivo in questa prigione. Quando sono arrivato qui, pensavo che tutto ciò che avrei potuto fare sarebbe stato sopravvivere, contando le giornate, una dietro l'altra, fino a quando il mio tempo sarebbe finalmente finito. Ma dentro di me, nonostante le pareti e le sbarre, c'era una cosa che non riusciva a spegnersi: la passione per la corsa.

Da giovane, correre era la mia vita. Non era solo uno sport, era un modo di sentirmi libero. Ma qui dentro, la corsa sembrava un sogno lontano, qualcosa che non avrei mai più potuto toccare.

Un giorno, mentre mi trovavo nel cortile con gli altri detenuti, mi venne un'idea. Era un'idea folle, lo sapevo, ma che cosa avevo da perdere? Decisi di parlarne ad alta voce.

"Voglio organizzare una staffetta" dissi senza sapere nemmeno io se mi stavano prendendo troppo sul serio. "Una corsa, tra di noi, qui dentro. Un modo per evadere mentalmente, almeno per un momento, da questa prigione."

La staffetta pensavo fosse più semplice da realizzare rispetto ad altre specialità dell'atletica, perché non c'era bisogno né di attrezzi né di pedane appropriate, poi bene o male tutti sanno correre. Inoltre sarebbe stata anche una scusa per creare uno spirito di squadra in uno sport come l'atletica che solitamente è considerato individuale.

Mi guardarono come se fossi impazzito. Alcuni mi presero in giro, altri probabilmente non ascoltarono nemmeno, ma io non mi fermai. Parlai con uno, poi con l'altro, cercando tra i miei compagni qualcuno che fosse disposto a provarci. Non volevo farlo da solo. E così, piano piano, trovai chi mi assecondò: tre ragazzi, anche loro con questa passione e che avevano capito lo scopo della mia idea, riuscirono a convincerne altri e così coinvolgemmo un bel po' di persone per sfidarci.

Ogni giorno, durante l'ora di ricreazione, ci allenavamo. Non c'era competizione tra noi, solo il desiderio di fare qualcosa insieme, qualcosa che ci facesse sentire vivi, qualcosa che potesse rompere la monotonia di ogni singolo giorno.

Io, in quel gruppo, non ero solo il capitano. Ero anche il motivatore, quello che incoraggiava quando la fatica sembrava insopportabile. Anche se nessuno di noi aveva mai corso in un vero stadio o partecipato ad una gara ufficiale, eravamo determinati. Ogni passo che facevamo, ogni allenamento, ci faceva sentire più liberi, come se stessimo sfidando le sbarre che ci tenevano prigionieri.

E così arrivò il giorno della gara. Il cortile era pieno di curiosi; alcuni detenuti non credevano ai loro occhi e le guardie sembravano non capire cosa stesse accadendo. Ma noi eravamo lì, pronti a correre. Era la nostra speranza, la nostra forza, la nostra libertà. Non avendo a disposizione una vera e propria pista d'atletica, insieme pensammo di strutturare la staffetta così: il primo avrebbe dovuto correre da una parte all'altra del cortile e appena tornato al punto di partenza avrebbe toccato la mano del secondo frazionista, che a sua volte avrebbe percorso andata e ritorno ed avrebbe toccato la mano del successivo e così via fino al quarto.

Io ero l'ultimo della mia squadra e quando tagliai il traguardo, non fu solo una vittoria. Vedere l'espressione sui volti dei miei compagni, mi fece capire che avevamo fatto qualcosa di grande. Non eravamo più solo detenuti, eravamo uomini che avevano trovato un senso anche dentro queste mura.

E da quel giorno, ogni anno, la staffetta divenne una tradizione. Non era più solo una gara, era il nostro modo per ricordarci che anche in un posto come questo, potevamo essere liberi, almeno per un po'. Ad alcuni rimase questa passione per la corsa anche quando uscirono dal carcere e riuscirono a diventare dei veri e propri atleti, altri degli allenatori ed altri ne rimasero appassionati. Io invece…

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